Condividere la pratica nelle organizzazioni. Suggerimenti per la costituzione di una community che realizzi l’Open Innovation
Nelle aziende, da quando sono nate, le persone condividono le pratiche, le esperienze. L’organizzazione industriale e tayloristica non hanno cancellato il passaggio dell’esperienza (come nella bottega artigiana delle origini). Certo la prassi gerarchica del comando-controllo non legittima, non ufficializza questa condivisione… che in ogni caso avviene (a loro insaputa, per dire una cosa di questi tempi). La gelosia professionale e la competitività interna non hanno mai escluso delle nicchie di condivisione e di esplorazione dell’esperienza: del mestiere.
Queste comunità di esperienze vanno sotto il nome di CdP – Comunità di Pratica (ma anche di condivisione, di collaborazione…).
Negli ultimi anni con l’avanzare dei Social Media, queste comunità di esperienze non ha i confini dell’azienda: ha i confini dell’esperienza d’uso del prodotto (vedi anche: La social attenzione e la motivazione alla condivisone in rete… con i Social Brand). In questo articolo voglio però dare alcuni suggerimenti per il riconoscimento e l’ufficializzazione di queste buone pratiche di condividere la pratica, in una prospettiva aperta (con il coinvolgimento degli stakeholder), per la realizzazione di attività collaborative di innovazione di processo… dell’Open Innovation, quindi.
Riporto qui di seguito alcuni suggerimenti sul come riconoscerle, costruirle o strutturarle. Senza la presenza di queste community interne non si possono attuare strategie sui Social Media coerenti e di ampio respiro. Lo dico quasi sempre in questo blog, ma vale la pena di ribadirlo anche stavolta.
La condivisione della conoscenza e dell’esperienza
In questo blog si convalida la visione che i social media traggono origine e linfa dalla (innata) necessità di apprendere socialmente: l’apprendimento è sociale. Non occorre essere nativi digitali per considerare questa realtà.
Lo sviluppo positivo di una società in assenza di pensiero critico e indipendente di individui propositivi è inconcepibile come anche lo sviluppo personale di un individuo senza lo stimolo derivante dalla comunità
(“The positive development of a society in the absence of creative, independently thinking, critical individuals is an inconceivable as the development of an individual in the absence of the stimulus of the community”). A. Einstein
La conoscenza non è un’entità fissa, bensì un’esperienza che si compie e si completa in forma di processo, nel tempo e nello spazio. Non si tratta cioè di un asettico e statico insieme di informazioni. La conoscenza è esplicita e anche tacita (quella tacita è una sfida alla formazione ufficiale …).
Innanzitutto definiamo che cosa abilita l’apprendimento sociale ma che non è una Comunità di Pratica:
Cosa abilita l’apprendimento sociale come Comunità di Pratica:
- Le Community che fanno della conoscenza una parte integrante della loro attività,
- Le realtà di apprendimento che in modalità esplicita, strutturata e riconosciuta:
- sviluppano conoscenza sulla base dell’esperienza (best practices), dei partecipanti alla comunità, i quali vogliono condividerla con ogni altro membro della comunità e crescere, migliorare facendo tesoro della ricchezza dei tanti che vi contribuiscono.
- condividono la pratica delle esperienze, della Passione, dell’Impegno, dell’Identificazione con il gruppo .. il quale si Identifica con la sua pratica
I ruoli necessari per avviare una Community aziendale
Community manager |
Organizza riunioni, comunica con i membri, modera le discussioni, |
Facilitatore |
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Esperti |
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Portatori di interessi |
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Partecipanti (stakeholder) |
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Una mini guida per avviare le Community aziendali, per la condivisione della pratica e dell’esperienza
Per essere veramente efficace una community deve avere un impatto sulle attività di “core business” sia dell’azienda che dei componenti della Community
Avere chiare aspettative (da parte del management, dei responsabili di funzione, ecc.) e comunicarle al gruppo della Comunità di Pratica.
Occorre trovare i ruoli giusti per le persone giuste
Troppo spesso, i programmi per le community sono declinati verso le priorità di business, abbandonando la promessa di valore fatta a ciascun utente. Ogni comunità deve servire i suoi clienti-soci – senza membri non c’è community – e non il contrario.
Il punto di partenza è l’abilità di riconoscere gli altri come eventuali partner per dare forma alla condivisione delle Best Practices aziendali.
Le persone possono riconoscersi l’un l’altra in base alla propria esperienza e al fatto che c’è un interesse reciproco per l’esperienza dell’altro:
“Io sono sinceramente interessato a te, io sono realmente interessato alla tua esperienza”
Il punto centrale delle comunità risiede nella pratica e nel riconoscimento nel saper riconoscere l’altro
Qualsiasi progetto di Comunità di Pratica ha bisogno di fiducia.
Occorre che Insights Discovery® creda nel progetto della community e abbracci la rete e il posizionamento online.
L’assenza di un leadership coraggiosa può minare alla base la creazione di una community di impatto.
Il successo di una Comunità di Pratica si ottiene mediante una costante innovazione attraverso cicli guidati dal feedback, e quindi un’ottica di dialogo costante.
La pianificazione per la community dovrebbe concentrarsi sul breve periodo, prevedendo la possibilità di virare politiche ed obiettivi.
Il ciclo di innovazione richiede anche un flusso costante di nuove informazioni nella community.
Occorre fare un piano editoriale dei contenuti di supporto, coinvolgente e aggiornato: questo approccio è la premessa per la costruzione di una community di successo.
A ciascuno il suo mestiere. La gestione della community è un ruolo complesso, e implica personale motivato e preparato, formato per il community management, il coordinamento.
Solo dopo un certo periodo (almeno tre-sei mesi), è possibile aspettarsi una certa autonomia da parte dei componenti della Comunità di Pratica aziendale.
Le attività principali del Community Manager e del facilitatore
Ecco una rappresentazione grafica del processo che dovrebbe alimentare le attività principali del Community Manager e del facilitatore.
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