Incertezza, scenari e clima organizzativo: una "stategia di scenario" per le aziende innovative.

<< Chi conosce soltanto la propria visione del problema, di esso conosce ben poco>>

(J. Stuart Mill)

Il mercato attuale compresso dalla globalizzazione, dall’interdipendenza delle imprese… vive in una costante e crescente incertezza.

Per gli operatori del marketing, le variabili determinate dalla variazione dei mercati di riferimento, dal contino evolversi dei gusti e delle attese dei consumatori e dei clienti, ecc., comporta una continua rivisitazione della vision e della strategia di scenario. C’è dunque una crescente difficoltà, nel determinare i trend economici, tecnologici, culturali, ecc., in altre parole gli scenari dai quali dipende: il mercato di riferimento, il posizionamento dell’azienda (o dei prodotti), il marketing mix… e tutte le altre strategie di risposta alle sollecitazioni ed ai mutamenti provenienti dall’esterno.

Occorre una “strategia di scenario”

Le reazioni o le retroazioni possibili a questo stato di cose è quella di affidarsi ad una o più delle seguenti risposte e linee di tendenza:

· privilegiare l’intuizione, realizzando con rapidità nuove strategie e/o prodotti (risorsa, rischio ed azione tipica dell’imprenditore);

· perseverare nella richiesta di proteggere il proprio mercato (dogane, barriere d’entrata, leggi, ecc.);

· rafforzare la propria rete di relazioni, amicizie e conoscenze (clan, club, lobbies, cordate, cartelli, network, ecc.);

· consolidare le partnership o attuando fusioni/accordi orizzontali (con aziende operanti nello stesso settore) e/o verticali (co-makership, con i fornitori e/o con la rete distributiva, ecc.);

· intraprendere la strada dell’innovazione (miglioramento sostanziale e repentino ottenuto attraverso una significativa mutazione novativa, strutturale, funzionale e tecnologica) del management evolutivo, realizzando con dinamismo e creatività la trasformazione delle minacce in opportunità.

A che errori si va incontro se non sviluppiamo una strategia di scenario e se non operiamo di conseguenza? Le aziende nelle quali operiamo possono incorrere nei seguenti errori:

· investire e/o insistere su prodotti/servizi che si propongono a mercati saturi o con ciclo di vita calante;

· non adeguare l’assetto formativo e manageriale (knowledge management) della propria azienda;

· non favorire un clima aziendale adeguato alle sfide ed alle necessità indotte (prima o poi forzatamente), dalla combinata globalizzazione/incertezza.

Gli aborigeni del Kalahari

Senza dimora: mobilità ed adattamento all’ambiente

Per centinaia e centinaia di anni, gli aborigeni del Kalahari sono stati nomadi che cacciavano e cercavano cibo nell’ambiente duro e imprevedibile del deserto. Avevano sviluppato una formidabile autonomia e capacità di adattamento all’ambiente ed alle diverse condizioni.

Il sistema flessibile dei clan si basava su valori di uguaglianza, partecipazione e legati da una profonda cultura.

Compare la civilizzazione (leggi: colonizzazione)

In questo contesto fa quindi la sua comparsa la civilizzazione. Negli anni recenti, l’esposizione alla civiltà dei consumi ha matto maturare una trasformazione: capanne separate, attività di agricoltura stanziale… comportano la perdita dell’autonomia e della capacità di affrontare le sfide della natura così come sono andate smarrite quelle conoscenze relative alle capacità e abilità tradizionali che avevano permesso agli aborigeni di sopravvivere in un ambiente imprevedibile.

Per l’approfondimento, vai al link “Gli aborigeni del Kalahari” >>

Learning organization: come gli aborigeni del Kalahari

Dobbiamo apprendere molto dagli aborigeni del Kalahari (detti anche “boscimani”), apprendere anche dal loro declino derivato perdita delle conoscenze culturali originarie.

La società emergente, che ha “civilizzato” gli aborigeni, era basata sull’allevamento e sulla coltivazione. Ha creato un ambiente stabile e sicuro, lasciando, quindi, gli aborigeni in una situazione di vulnerabilità rispetto agli improvvisi cambiamenti ambientali.
Il tipo di società originaria, invece, basata sulla caccia e la ricerca di cibo, rispecchia le
learning organization di oggi che sono basate su:

· bassi livelli di gerarchia (organizzazione orizzontale)

· equa distribuzione delle ricompense (basata più sui meriti e sulle capacità che sui diritti acquisiti)

· condivisione della cultura e della conoscenza (utilizzando sistemi dinamici di apprendimento)

· su una struttura fluida e adattabile progettata per afferrare l’incertezza come opportunità… gestendo, invece che subire, le crisi.

L’attenzione agli aspetti evolutivi (nonché ecologici ed etici), la considerazione del clima interno ai nostri ambienti di lavoro, come fattore di sopravvivenza e di competitività aziendale… ci insegna che le persone interpretano e definiscono la realtà tramite la creazione di una cultura organizzativa, che possiamo definire come l’insieme degli assunti di base di un gruppo che si sono rivelati validi per far fronte ai problemi di adattamento esterno e interno.

Alcuni ricercatori sostengono che “le percezioni condivise delle pratiche quotidiane possono essere intese come il nocciolo della cultura organizzativa”.

Il concetto di cultura organizzativa innovativa gioca un ruolo fondamentale nella vision dell’impresa e nella genesi del sistema di credenze condiviso, che impronta l’interazione tra i membri e il loro comportamento.

Leonardo Milan

L'organizzazione adattiva ed evolutiva: gli aborigeni del Kalahari

Riportiamo qui di seguito un contributo di approfondimento sul tema delle learning organization.
Il mercato attuale è sottoposto ad una costante e crescente incertezza. Occorre un’attenzione costante alla “strategia di scenario” ed al “clima organizzativo”… come aborigeni del Kalahari. Gli aborigeni del Kalahari sono un modello per il management evolutivo e per le “learning organization” (per un sistema dinamico di apprendimento e di condivisione delle informazioni).

Per centinaia e centinaia di anni, gli aborigeni del Kalahari sono stati nomadi che cacciavano e cercavano cibo nell’ambiente duro e imprevedibile del deserto. Avevano sviluppato la capacità di trovare l’acqua durante una siccità, nutrirsi di rettili e piante in assenza di cacciagione e confezionare archi e frecce facendo uso di risorse limitate.
Erano organizzati in clan legati da vincoli di parentela e di amicizia. La loro mobilità e i pochi beni posseduti permettevano a questi aborigeni di passare facilmente da un clan all’altro, sulla base dei successi conseguiti, ovunque questi fossero individuabili all’interno di una vasta area geografica.

Il sistema flessibile dei clan si basava su valori di uguaglianza, partecipazione e scambio di doni. L’uccisione di una preda veniva utilizzata per fornire cibo ai propri vicini, che in seguito avrebbero ricambiato. Lo scambio di doni aveva come effetto l’ampia condivisione di manufatti e utensili. Gli accampamenti erano composti da capanne di paglia disposte in cerchio intorno a un punto centrale in cui i focolari sui quali si preparava il cibo costituivano fulcri di continue attività di discussione e di scambi sociali. Gli aborigeni erano inoltre legati da una profonda cultura, fatta di mitologie, storie e danze condivise dai mèmbri del gruppo.

In questo contesto fa quindi la sua comparsa la civilizzazione. Negli anni recenti, l’esposizione alla civiltà dei consumi ha fatto maturare una trasformazione. Gli aborigeni accumulano ora beni materiali che ostacolano la mobilità, determinando forzatamente un cambiamento dello stile di vita che li ha fatti passare da nomadi ad agricoltori stanziali.

Si è sviluppata una nuova struttura della comunità, caratterizzata da famiglie che vivono stabilmente in capanne separate. Sulle stesse capanne sono ora comparse porte che proteggono l’intimità dei suoi occupanti, e i focolari sono stati portati all’interno. Le capacità di sopravvivenza si sono deteriorate, e archi e frecce vengono prodotti solo per i negozi di souvenir. In mancanza di condivisione e di comunicazione, le dispute vengono risolte facendo ricorso a un’autorità gerarchica, rappresentata dal capo tribù.

La tensione ed i conflitti sono aumentati e la capacità delle tribù ad affrontare siccità, e disastri è ormai inesistente.

Storie e mitologie comuni che legavano i componenti sono scomparse, così come il trasferimento di conoscenze relativamente alle capacità e abilità tradizionali che avevano permesso agli aborigeni di sopravvivere in un ambiente imprevedibile.

Fonte: tratto da un testo di David K. Hurst “Cutionary Tales from the Kalahari…” Accademy of Management Executive (1991)